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Ed io mi estinguerò: elogio dell’estinzione.

All’età di quindici anni, quindi tra il 1979 ed il 1980, iniziai a ricercare letture scientifiche che trattassero di animali e natura; uno dei primi libri che acquistai in quel periodo, alle bancarelle dell’usato sul lungomare di Salerno, fu “L’origine delle specie” di Charles Darwin. Sin da subito non mi diede l’impressione di trovarmi dinanzi ad una teoria lineare, schematica, fissista e drammatica (con i concetti tipo “la legge del più forte o della sopravvivenza”), ma mi diede un senso di grande fioritura, grande ramificazione, non lineare, non schematica, ricca di possibilità e possibilismo, in un tripudio di cambiamento continuo fatto di diversità, nascite ed estinzioni.

Le estinzioni quindi come parte naturale di un processo evolutivo possibilista che ti apre lo sguardo e l’orizzonte verso un divenire dell’Universo, non geEstinzionestito da un essere superiore o dalle capacità e incapacità di governi e scienziati umani, ma titolare di se stesso e del suo stesso processo di fermento evolutivo, naturale e, perché no, anche culturale. L’idea invece che le specie non possano avere la possibilità di estinguersi, rappresenta un pensiero fissista, per sua natura antitetico al pensiero evoluzionista.

Sono pienamente convinto che le specie non sono immutabili; ma che tutte quelle che appartengono a ciò che chiamasi lo stesso genere, sono la posterità diretta di qualche altra specie generalmente estinta. Charles Darwin, L’origine delle specie, 1859

Spesso persi nel nostro lamentismo quotidiano, nei nostri beceri interessi sindacalistici e al sicuro tra le nostre risibili frontiere nazionalistiche, ci dimentichiamo di essere un’infinitesima parte del tutto, una parte che potrebbe essere spazzata via nel giro di pochi minuti, non dai fondamentalisti islamici ma, insieme a loro, dalla caduta di un meteorite grande quanto l’Everest o anche di più.

Quindi in questo senso, sarebbe più utile occuparsi di evitare le estinzioni o dare invece attenzione alle soggettività? In alcune regioni del nostro territorio italiano, nel momento in cui si ricorda una persona venuta a mancare si usa riferire all’espressione “caro estinto”, cosa c’è di più darwinistico di questo dolce modo di prendersi cura dell’estinzione, della morte, dell’evoluzione e della memoria. In effetti la soggettività non si estingue mai, ma si trasforma in memoria, una cara memoria. Io posso quindi avere cara memoria di una soggettività del Giurassico, quindi anche avere una cara memoria di una dino-soggettività, con il suo mondo di percezione e con la sua propria giurassica realtà.

Poi ci sono gli animali che si prendono gioco di tutti noi, indipendentemente se siamo fissisti, creazionisti, specisti, finanche se siamo evoluzionisti, come nel caso del lupo-coyote (in inglese chiamato coywolf o woyote) un ibrido, ancora non dichiarato specie dalla comunità scientifica internazionale, che si sta diffondendo nei territori del Nord America orientale. Un po’ come accadde alle ibridazioni e contaminazioni, sempre più confermate dalla genetica, tra la specie Homo sapiens e la specie Homo neanderthalensis.

Così mentre noi ci preoccupiamo dell’estinzione delle specie, alcune di loro si occupano di fare le loro scorribande sessuali ibride, dando luogo a nuove specie, che meglio si adattano ai nuovi contesti di riferimento. Dobbiamo infatti riflettere sul fatto che i fenomeni di estinzione e origine giocano tra loro, titolari di una danza perenne tutta loro, che noi animali umani tentiamo di controllare nel bene e nel male, dimostrando solo una delle nostre più note caratteristiche, la presunzione di sapere, di saper fare e di saper salvare. Per questo, più che dare spazio alle nostre presunzioni, sarebbe il caso di dare spazio alle nostre ed altre soggettività e animalità, prendendoci cura della qualità di ogni esistenza, fino alla nostra naturale estinzione, processo di inizio e non di fine.

Quindi in conclusione, va bene occuparsi, comprendere e studiare le estinzioni, ma in un’ottica cognitiva e consapevole che possa relativare il tutto (in quanto le estinzioni sono parte di un grande e complesso processo evolutivo, che può andare facilmente fuori dal nostro controllo), dando invece spazio a riconoscere ed impegnarsi a comprendere, studiare e rispettare le soggettività, in quanto nostra responsabilità, nostro piacere, nostra evoluzione.

Francesco De Giorgio